Italo Treno

#evItalo, come non comunicare sui social: l’analisi del caso #ItaloTreno.


Se n’è parlato molto in questi giorni, soprattutto sui social; sono già circolate le opinioni più disparate su tutto ed il contrario di tutto, quindi non vorrei ripetermi in cose già dette altrove, e sicuramente anche meglio di me. Proverò quindi a fare un veloce recap dell’intera vicenda, cercando di non tirarla troppo per le lunghe sugli aspetti di contorno, e concentrandomi piuttosto sugli aspetti analitici inerenti la comunicazione.

Ma partiamo dall’inizio: come molti di voi già sapranno, il 30 Gennaio 2016 si terrà a Roma il Family Day,  ormai nota manifestazione dedicata alla celebrazione della fantomatica “famiglia tradizionale” (nel senso più negativamente cattolico del termine). Mentre la notizia dell’evento inizia a diffondersi online e offline, cominciano anche a girare i primi rumors su possibili sconti che le compagnie Trenitalia e Italo starebbero per attivare (in forma di convenzione con l’evento Family Day) sulle tratte per Roma. In poco tempo, arrivano le risposte di entrambi i brand sui rispettivi canali social: Trenitalia smentisce subito la notizia, mentre Italo la conferma; la compagnia Nuovo Trasporti Viaggiatori infatti effettuerà sconti per tutti gli utenti che utilizzeranno il codice FAMILY30.

Nel frattempo montano le critiche sui social nei confronti di Italo; gli utenti sui social network già minacciano il boicottaggio dell’azienda, a tal proposito nascono subito una serie di hashtag creati ad hoc per rimarcare la contrarietà degli utenti alle scelte di Italo (#boicottaitalo, #boycottitalo#italofail, #svegliaitalo, ecc). Insomma, quella di Italo viene infatti letta dai più come una scelta di campo contro i diritti civili e la causa omosessuale. Nell’arco di pochi minuti Italo tenta di calmare le acque attraverso il tweet seguente.

Il tweet ottiene scarsissimi risultati, anzi, continua ad alimentare l’onda. Il tone of voice utilizzato da Italo risulta infatti troppo vago e non prende de facto alcuna posizione. Così nell’arco di un paio d’ore lo staff social di Italo abbozza una risposta sulla pagina Facebook dell’azienda, che sa più di frettoloso comunicato stampa che di una reale strategia di crisis management.

Il secondo post su Facebook da parte dell’azienda è il colpo di grazia. L’onda anomala delle conversazioni social è ormai inarrestabile e l’azienda viene letteralmente travolta da critiche ed insulti in modalità omnichannel: social network, blogger, influencer, celebrity, siti d’informazione, media mainstream, ovunque Italo viene citata ed etichettata, mentre il caso è già definito dai più l’ennesimo #epicfail del brand di turno.

Ci vogliono ben 24 ore prima che l’azienda faccia le sue scuse sui suoi canali Facebook e Twitter per quanto accaduto, ma probabilmente è già troppo tardi. La profondità raggiunta dai messaggi precedenti sovrasta le scuse stesse e domina per oltre un giorno le conversazioni online, seguendo la coda lunga generata da #svegliaitalia.

Con gli amici di TalkWalker ho provato a fare un’analisi social dell’intero caso. Intanto va detto che questo è un caso di crisis management dove la crisi stessa è innescata, montata e finita dal brand che la subisce. La sintesi dei fatti è molto semplice: Italo viene citata per possibili sconti in favore del Family Day, Italo conferma tali sconti, la conversazione sui social monta, Italo risponde (male) sui social, Italo viene travolta a livello crossmedia, Italo chiede scusa. Dal grafico si evincono chiaramente 3 picchi (considerando le conversazioni in modo aggregato) o 4 picchi, se si considerano le conversazioni suddivise per sentiment (e dove ovviamente il sentiment negativo è il peso maggiore).

Italo - Twitter sentiment
Italo – Twitter sentiment

Va detto che ci sono delle leggere differenze fra le conversazioni social avvenute su Twitter e quelle avvenute su Facebook. Il grosso della portata viene da Facebook, mentre la parte legata ai cosidetti influencer è spostata principalmente su Twitter; in altre parole, su Facebook c’è stata la massa, su Twitter una sorta di elite (è infatti evidente come su Twitter la maggior parte dell’engagement e del reach si concentri in 4/5 soggetti).

Italo - Facebook sentiment
Italo – Facebook sentiment

Altro dato interessante è quello relativo alla fanpage di Italo; a seguito dell’impatto delle conversazioni social c’è stato un evidente decremento dei fan sulla pagina dell’azienda di trasporti ferroviari. La diminuizione dei fan non è sicuramente significativa intesa come valore assoluto (si tratta infatti di poche centinaia di utenti su una fanbase di oltre un milione, poca roba), ma indubbiamente indicativa per dedurre empiricamente l’impatto negativo sulla percezione del brand.

Italo - Decremento fan Facebook
Italo – Decremento fan Facebook

Andando un po’ più nel dettaglio e analizzando i dati del sentiment del primo tweet fatto da Italo (dove in modo vago si cerca di giustificare la politica commerciale del brand), si nota come in poche ore la diffusione del messaggio sia stata ampia ed in chiave principalmente negativa da parte del pubblico social di Twitter. Anche la distribuzione prosegue in modo pressoché costante per quasi due giorni.

Italo - Sentiment primo tweet
Italo – Sentiment primo tweet

In particolare appare evidente, guardando la virality map del primo tweet, come il messaggio si sia diffuso in chiave crossmedia, passando per social, blog e siti d’informazione in modo assolutamente trasversale. In questo caso la penetrazione del messaggio ha avuto due ondate, alimentate dalla comunicazione social che intanto avveniva su Facebook da parte del brand.

Italo - Virality primo tweet
Italo – Virality primo tweet

Qui è possibile vedere la differenza della virality map fra il precedente tweet e l’ultimo, in cui l’azienda tenta le scuse. E’ evidentemente come quest’ultimo tweet “non esce” da Twitter e non ha alcun impatto crossmediale, in quanto soverchiato tuttora dal precedente messaggio.

Italo - Virality secondo tweet
Italo – Virality secondo tweet

Ma cos’è che non ha funzionato nella comunicazione social di Italo? Provo a sintetizzare il mio pensiero in 5 punti:

Mancanza di strategia (non solo social): Italo non era evidentemente preparata a gestire una crisi di comunicazione sui social. Lo dimostrano i tempi di reazione ed il pressappochismo dei primi messaggi dati sul tema sui suoi canali social istituzionali. I diritti civili, in particolare delle coppie omosessuali, sono un tema delicato da affrontare con preparazione ed attenzione, soprattutto in questo periodo dove è in corso un dibattito pubblico già particolarmente sensibile; se come brand si decide di dare una convenzione al Family Day bisogna essere preparati in anticipo su come e cosa rispondere quando si tratterà di metterci la faccia per rispondere a tutte le possibili critiche.

Mancanza di sinergie (interne ed esterne): in passato Italo autorizzò una convenzione, analoga a quella prevista per il Family Day 2016, per il Padova Pride Village 2014. Perché non “usare” questo per rispondere alle critiche sui social che tacciavano italo di oscurantismo e pseudo discriminazione? Semplice: perché le varie componenti interne ed esterna delle aziende non si parlano. Il marketing non parla con la comunicazione, che non parla con la divisione commerciale, che non parla con l’ufficio stampa, che non parla con l’agenzia che cura i social. Il knowledge base informativo aziendale è essenziale per chi deve dare risposte all’esterno per conto dell’azienda e deve essere patrimonio condiviso aziendale, tanto più per chi dovrà comunicare il brand esternamente attraverso i social.

Assenza di controllo (sulle politiche commerciali): l’identità di un brand passa per le sue scelte (anche di natura commerciale), pertanto le stesse devono passare per un controllo stretto da parte del management, soprattutto visti gli impatti che le medesime potrebbero avere sulla comunicazione esterna, e quindi anche sui social dell’azienda. Al posto del Family Day chiunque avrebbero potuto richiedere ed ottenere la scontistica; questo può mettere in pericolo la stessa immagine aziendale in caso di crisi. Il controllo è fondamentale per valutare l’opportunità di scegliere questo o quel soggetto/iniziativa con cui associare la propria immagine, e soprattutto per valutare preventivamente eventuali impatti postumi sulla comunicazione e reputazione del proprio brand.

Assenza di ascolto (delle conversazioni social): sembra assurdo doverlo ancora ribadire ad oltre 15 anni dal Cluetrain Manifesto, ma “i mercati sono conversazioni” e richiedono principalmente ascolto. Redigere comunicati stampa non è il modo di comunicare sui social network. Scrivere senza prevedere le risposte degli utenti, dei propri clienti, significa non avere la padronanza di quel canale comunicativo. Significa fare danni, come in questo caso.

Jacopo Paoletti
JCP.im

Linguaggio inadatto ed inopportuno (nella forma e nel contenuto): il tone of voice è stato in tutti i casi inaccettabile: nel primo messaggio era apparentemente difensivo, nel secondo in posizione di attacco, nel terzo addirittura remissivo, e tutto questo in meno di 48 ore. Passare dal “Ciao a tutti” a “Ragazzi, non ci stiamo a farci mettere nell’angolo” è francamente da bimbiminchia. L’atteggiamento è fra il paternalistico ed il saccente, senza tener conto che poi, gli utenti, risponderanno. Il testo ha diversi refusi, intollerabili: i perché con l’accento grave invece che acuto, così come i “nè nè”, danno l’idea di disattenzione, sciatteria, incapacità, inadeguatezza. Non si tratta di essere #grammarnazi (l’errore può sempre esserci, per carità, ce ne saranno anche in questo post), ma non è ammissibile come accettazione strutturale di tutta la propria comunicazione social.