Dal medium al contenuto liquido: curation, interazione ed utopia dell'attenzione.

Dal medium al contenuto liquido: curation, interazione ed utopia dell’attenzione.


La radio non ha ucciso i giornali. La TV non ha ucciso la radio. Internet non ha ucciso la TV. Così come gli ebook non soppianteranno i libri o i cd non sostituiranno i vinili per i cultori. Certo, non si stampa più come faceva Gutenberg e non ci sono più gli amanuensi nell’era del Kindle, non si usa più il walkman ma l’mp3 sull’iPod, non si guardano più i video sul vhs ai tempi del dvd e del blu-ray.

Quando si parla di contenuto quindi, bisogna fare necessariamente una distinzione tra il formato ed il canale. Al canale sono legate le modalità di fruizione del messaggio veicolato, mentre il formato ne definisce intrinsecamente la qualità. Il secondo è vittima del tempo e delle evoluzioni tecnologiche, mentre il primo tende alla convergenza, oggi accelerata dal processo digitale.

I canali non si annichiliscono e/o soppiantano a vicenda, ma ridimensionano il loro bacino d’utenza nel tempo a favore o a scapito degli altri, cambiano target di riferimento, mutano ma non muoiono, il tutto sempre in un’ottica di imprescindibile integrazione. La tendenza è perciò quella di un contenuto liquido, a prescindere dall’interazione attiva e/o passiva con lo stesso, e sempre più al centro di sistemi multinodali e multipiattaforma, che aumenteranno la portabilità fra dispositivi e da/verso nuovi e vecchi media, per un’esperienza utente diffusa che coinvolga i vari sensi in base al livello di attenzione possibile per ogni soggetto in un determinato istante.

In sintesi, il problema non sarà più solo la quantità/qualità del contenuto e/o la sua diffusione, a prescindere che questa dipenda da una scelta diretta o indiretta del singolo, ma la saturazione generata dalla società dell’informazione, il relativo rumore di fondo conseguente alla molteplicità di risorse contemporanee e concorrenti e quindi il livello di interazione e/o attenzione possibile per ciascun individuo per ogni contenuto.

Proprio da questo ultimo punto dipenderanno i venturi processi di valorizzazione e i relativi modelli di business futuribili dell’industria dei contenuti, che non si baseranno più sulla semplice impostazione premium del contenuto in sé, e/o sulla pubblicità a cornice del contenuto stesso, ma sulla costruzione diffusa (distribuita e/o collettiva) di tale contenuto sulla base degli interessi e delle interazioni, oltre quindi all’attenzione possibile del singolo in quel momento. In questo scenario anche il contenuto sarà pubblicità, diventando parte del contenuto stesso all’interno di un determinato contesto scelto, facendo perdere quindi a quest’ultima la sua tendenza di ospite invadente e pertanto indesiderata.

Sono consapevole che ad oggi, né il livello dell’informatica nella semantica, né le interfacce per accedere al contenuto, permetterebbero un vero automatismo della macchine ai fini di un vero isolamento del rumore che non degradi il contenuto e che non ci faccia perdere ciò che potrebbe comunque interessarci (non ci siamo ancora riusciti con lo spam, per dire). Pertanto l’aspetto umano resta ancora centrale nel filtrare, adattare, scartare, promuovere, organizzare, ecc il contenuto, cioè quella frontiera ancora realmente inesplorata della content curation.

Per quanto mi riguarda credo però che siamo ancora lontani anche dal primo step, cioè quello della convergenza, nonostante la tendenza sia comunque palese. Le leve restano in ogni caso due: il disturbo dovuto al rumore (distinguere ciò che non mi interessa da ciò che mi interessa), e l’attenzione (il mio livello di coinvolgimento e di partecipazione più o meno attiva al contenuto e di immersione nello stesso: se ascolto è diverso che se guardo e ascolto, ecc), in entrambi i fattori sono da riferirsi in un determinato istante di tempo non a caso.

Di certo ogni media ha cambiato (in evoluzione/devoluzione) il linguaggio, che può essere strumento o strumentalizzato a seconda del parlante e del ricevente (penso alla comunicazione politica berlusconiana di questi anni o al “Carosello” pubblicitario della prima TV, tanto per fare degli esempi), pertanto questa mia riflessione non ha alcuna presunzione di essere esaustiva, vista anche la complessità dell’argomento trattato e la quantità di punti di vista da cui si può guardare la questione.

Jacopo Paoletti
JCP.im
Il confronto su questi temi è secondo me la base per tentare insieme di guardare oltre la siepe di questi anni (a prescindere dal punto di osservazione: che sia lato marketing, lato comunicazione, lato editoria, ecc) e provare a fare un ragionamento strategico nel lungo termine soprattutto se non si resta ancorati al proprio ambito di competenza.