Pride Month: i brand a sostegno della comunità LGBTQIA+


Si sta per concludere il Pride Month, il mese delle manifestazioni promosse dai movimenti che difendono i diritti delle persone gay, lesbiche, bisessuali, transessuali, queer o questioning, intersessuali e asessuali.

Anche quest’anno, i brand non hanno perso l’occasione di mostrare pubblicamente vicinanza e supporto alla comunità LGBTQIA+ reinterpretando o lanciando prodotti in chiave rainbow attraverso campagne pubblicitarie destinate a celebrare l’amore in ogni sua sfaccettatura.

Ma cosa supportano esattamente i brand oggi? E, soprattutto, questo sostegno ha un impatto reale sulla comunità LGBTQIA+?

Storicamente giugno rappresenta il mese dell’orgoglio, nato per ricordare i moti di Stonewall del 1969, quando – a seguito di una retata della polizia in uno dei bar gay più famosi di Manhattan – prese vita un vero e proprio movimento di resistenza e rivendicazione.

Da quel tragico evento, in molti Paesi sono stati compiuti tanti passi avanti in tema di diritti e inclusione: dalla depenalizzazione dell’omosessualità alle prime forme di unioni riconosciute, fino ad arrivare al riconoscimento della genitorialità e alle leggi contro l’odio.

Viene spontaneo, però, ribadire quanta strada ci sia ancora da fare.

Ogni anno, infatti, il Pride scatena le immancabili polemiche di chi ritiene che questo tipo di evento sia ormai superato: “Se siamo tutti uguali, non c’è bisogno di manifestare”.

Sì: il Pride è ancora necessario

Celebrare il mese dell’orgoglio, invece, è ancora necessario.

È necessario, soprattutto, manifestare contro gli abusi e le discriminazioni che ogni giorno accadono nel mondo: dal contesto familiare al luogo di lavoro ad una semplice passeggiata per le vie del centro.

Vengono subito in mente, ad esempio, le recenti immagini di Oslo, dove – pochi giorni fa- un momento di festa si è trasformato in tragedia.

Nella capitale norvegese, alla vigilia del Gay Pride, un uomo ha iniziato a sparare a raffica contro alcuni ospiti del London Pub, un noto locale gay della città, uccidendo due persone e ferendone altre ventuno: un vero e proprio attentato di matrice omofoba.

Nonostante la cancellazione della sfilata, centinaia di cittadini si sono comunque riversati per le vie del centro, manifestando a sostegno dei diritti LGBTQIA+.

Al Pride si sfila anche per proteggere i propri diritti

A New York, invece, quest’anno il “tradizionale” Pride è stato inaugurato dal grido “Raise up for abortion rights” di Planned Parenthood, storica organizzazione americana che lotta per i diritti delle donne, in particolare sul tema dell’aborto.

Un gesto simbolico, ma con un messaggio chiaro: tutti noi siamo in continua lotta per affermare e proteggere i nostri diritti.

La settimana scorsa, infatti, la Corte Suprema americana ha cancellato la sentenza Roe vs Wade, stabilendo di fatto che l’aborto non rientri più nel perimetro dei diritti garantiti dalla costituzione.

Una notizia che ha scosso non solo circa 26 milioni di donne americane, ma anche opinione pubblica e, naturalmente, brand e aziende.

Diverse big company a stelle e strisce – come Amazon, Apple, Google, META, Walt Disney o Starbucks – sono subito scese in campo per “sostenere la libertà di scelta” delle proprie dipendenti, concretamente.

Attraverso formule diverse, queste aziende hanno annunciato il loro impegno a coprire le spese delle donne che dovranno recarsi in un altro stato per interrompere una gravidanza non voluta.

<<Mentre la società decanta inclusività, vestendosi arcobaleno e condividendo hashtag a supporto di movimenti di tendenza, oggi è necessario che le persone prima e le aziende poi si chiedano cosa realmente si può fare per rendere la libertà un concetto naturale, da non questionare – commenta Alessandra Giuffrida, Partner & CCO di CreationDose – La libertà di poter fare, di poter sentire, di poter amare, di poter scegliere. È questo un tema che aziende, brand e persone oggi, alla luce delle nuove evoluzioni, devono tenere a mente, affinché il gattopardiano “è necessario che tutto cambi, perché tutto resti così com’è” non sia una perenne verità>>.

Non solo outfit e prodotti “pride”

Quest’anno, il vero fil rouge che ha unito brand e Pride Month è stato proprio il sostegno economico alle diverse realtà che si occupano di garantire diritti e inclusione ai membri della comunità LGBTQIA+.

Molti brand, infatti, hanno deciso di devolvere una percentuale dal ricavato delle vendite a diverse associazioni e Onlus.

PUMA – ad esempio – ha lanciato la collezione Pride 2022 Together Forever, una celebrazione della libertà all’insegna dell’amore ma anche della concretezza.

Per disegnare la nuova collezione, il brand ha collaborato con la global ambassador Cara Delevingne e con l’artista queer Carra Sykes con l’obiettivo di incoraggiare chi indossa gli iconici outfit ad alzare la voce e a celebrare la propria forza, insieme. Ma non è finita qui.

Il 20% del ricavato della capsule collection infatti sarà devoluto a GLAAD, una fondazione di New York che contribuisce a garantire rappresentazioni eque ed inclusive della comunità LGBTQIA+ nel mondo dell’entertainment.

Non sono mancate nemmeno le donazioni dirette da parte dei brand, come ad esempio Acqua Vitasnella.

Quest’anno, l’azienda italiana ha scelto di sostenere alcune Case Famiglia delle principali città italiane, come il Refuge LGBT a Roma, la Casa delle Culture e dell’Accoglienza delle persone LGBT+ a Napoli e la Casa Arcobaleno di Milano: strutture che offrono assistenza, ospitalità e protezione ai giovani LGBTQIA+, costretti ad abbandonare le proprie famiglie perché discriminati.

La prima Barbie Transgender

La differenza, però, si può fare anche con una bambola. Così, proprio a ridosso del Pride Month, Mattel ha lanciato la sua prima Barbie Transgender.

Laverne Cox Barbie Doll, infatti, è la bambola ispirata a Laverne Cox, prima transgender afro-americana ad aver ottenuto un ruolo da protagonista in una serie TV e – soprattutto – celebre attivista LGBTQIA+.

Per festeggiare il cinquantesimo compleanno dell’attrice – inoltre – Barbie ha fatto una donazione alla TransFamilySOS, associazione no-profit molto vicina alla comunità transgender che si occupa di “creare spazi accoglienti in tutti gli Stati Uniti, garantendo anche assicurazione sanitaria e supporto psicologico”.

La prima Barbie Transgender va così ad arricchire la linea Barbie Tribute Collection, lanciata nel 2021, attraverso cui Mattel intende omaggiare le donne iconiche (da Ella Fitzgerald a Vera Wang) che hanno ispirato la società con il proprio contributo.

La scelta di Mattel rafforza dunque il percorso intrapreso dalla storica azienda di giocattoli, che supporta diversità ed inclusione offrendo la possibilità a tuttə di sentirsi rappresentatə.

Il legame tra la comunità LGBTQIA+ e i brand

Appare chiaro che, in questo periodo storico, i brand sono più che mai responsabili delle loro campagne di diversità ed inclusione.

Il nuovo imperativo, però, prevede che le aziende sviluppino, al proprio interno, culture in grado di dare più valore a coloro che si sentono o si sono sentiti emarginati o stigmatizzati.

Il legame tra comunità LGBTQIA+ e brand dovrebbe riguardare la realtà aziendale nel suo complesso, attraverso un impegno totale e non solo comunicativo.

È importante prodigarsi ogni giorno per creare un mondo del lavoro equo, inclusivo e senza pregiudizi, dove coltivare con cura la possibilità di essere chi vogliamo ed esprimere la nostra unicità.

Portare cultura e rispetto all’interno delle aziende diventa, dunque, fondamentale perché ci rende coscienti di quanto la comunità LGBTQIA+ sia vicina a noi, tanto da condividere il nostro stesso posto di lavoro.

“Essere liberi non significa solo sbarazzarsi delle proprie catene, ma vivere in un mondo che rispetta e valorizza la libertà degli altri”.

Nelson Mandela

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