La propaganda di guerra passa dai social: la prima linea degli influencer su TikTok


È il 24 febbraio del 2022 e nella prima mattina Putin annuncia un’operazione militare nel Donbass: inizia la guerra

Guidate da un desiderio neoimperiale di riappropriazione culturale e geopolitica, le mosse di Putin si snodano su più fronti, portando avanti una partita con il mondo in cui nessuna mossa è lasciata al caso

Una guerra che si muove nell’ombra da anni, che è cresciuta silenziosa nonostante gli accordi di Minsk e che oggi lancia la sfida allo sguardo, all’attenzione, con ferocia e prepotenza.

Di contro l’Unione Europea, l’America, la Cina e le altre potenze mondiali muovono lentamente le loro pedine e fermano il tempo in attesa della risposta dell’avversario russo. 

Ma nei nuovi anni venti la guerra si combatte su fronti non solo territoriali, ma anche digitali. E così si scopre che nella blindata Russia, dove la censura e le fake news rendono impossibile l’accesso libero alle informazioni, la propaganda la fa da padrone anche in un luogo difficile da immaginare nell’agenda politica dell’ex spia del Kgb: TikTok.

Una recente indagine di Vice ha infatti reso noto che nell’ultimo anno il Cremlino ha coinvolto circa 500 influencer per diffondere contenuti di propaganda all’interno della piattaforma cinese. 

Una narrazione filo-governativa veicolata all’interno di uno dei pochi social network accessibili dalla nuova generazione russa, spinta così ad ascoltare i propri idoli che combattono virtualmente la resistenza ucraina e l’intero occidente.

TikTok tuttavia era solo il punto d’arrivo di una strategia coordinata e organizzata da tempo, che ha preso vita all’interno di Telegram, in appositi canali creati per direzionare gli influencer. Video, immagini, quote, caption, mention, hashtag e persino emoji, scritte come in un brief e consegnate per la pubblicazione, puntuale e prevista da calendario.

Le campagne sui social del Cremlino e la risposta degli USA

Tutti i contenuti previsti all’interno del canale Telegram, sono stati pubblicati su TikTok all’inizio dell’invasione dell’Ucraina, coinvolgendo molti influencer noti, alcuni dei quali con oltre un milione di follower.

E anche se TikTok pochi giorni dopo l’inizio della guerra ha preso una posizione nei confronti della Russia, rendendo impossibile il caricamento di nuovi video all’interno della piattaforma, i contenuti già postati hanno continuato ad essere ricondivisi, in un loop che ne ha moltiplicato l’impatto.

Come accade spesso nelle vicende russe, le tracce di quest’azione sono poi scomparse nell’etere. Il canale Telegram è stato infatti chiuso il 9 marzo e poco si è scoperto sul misterioso giornalista che lo gestiva, che stabiliva con gli influencer dei veri e propri requisiti, come il numero minimo di visualizzazioni, la data e l’ora in cui pubblicare.

Tra le ultime campagne attivate una serie di video in cui veniva utilizzata una traccia audio di Vladimir Putin intento a chiamare a raccolta i diversi gruppi etnici presenti in Russia per difendere la causa nazionale; oppure dei contenuti in cui si parlava della presunta volontà degli ucraini di commettere un genocidio contro i russi nel Donbass.

Oltre a queste campagne dal carattere per lo più politico, nel corso dell’ultimo anno il canale Telegram aveva coordinato anche campagne a sostegno dei vaccini COVID-19, dell’economia russa e delle Olimpiadi invernali russe.

Scoperto ciò, la risposta dell’America non ha tardato ad arrivare. Washington ha infatti organizzato il 10 marzo una riunione con 30 dei profili più seguiti dagli under 20 per offrire loro informazioni sulla guerra in Ucraina e organizzare la sua contro-campagna.

La nuova propaganda della Z

La propaganda non dimentica però i vecchi mezzi di comunicazione che, con la nuova stretta sui social, diventano veicolo prediletto per la manipolazione delle informazioni.

E così il 20 marzo iniziano a diffondersi due spot russi che, quasi in stile nazista, celebrano e inneggiano la Russia e la sua operazione speciale. La lettera Z, il neologismo utilizzato recentemente come simbolo di vittoria, racchiudendo in sé il significato di  “Zapad” (ovvero ovest) o “Za pobedu” (ovvero vittoria, appunto), è la protagonista assoluta dei due contenuti.

In ogni video la polizia è sorridente, amica, vicina alla popolazione che a sua volta è unita nella lotta contro l’Ucraina.

Una bugia ripetuta tante volte da diventare realtà.

Difficile quindi per i russi, chiusi in una morsa informativa, capire cosa sia verità, cosa stia realmente accadendo nel mondo. Difficile vedere i fatti per quello che sono davvero, se le parole ‘guerra’ e ‘conflitto’ sono bandite.

Una bugia ripetuta tante volte da diventare realtà: l’era della nuova propaganda.

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