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Il Teorema dell’Attenzione della Contentsfera: da “Content is King” ad “Attention is God”.


Bill Gates
Bill Gates

Era il 1996, gli albori di Internet, quando Bill Gates coniò il motto “Content is King”, definendo per la prima volta in modo chiaro la centralità del contenuto in ogni ambito strategico. In questi 20 anni l’universo informativo è però cresciuto in modo esponenziale, dando vita ad un’offerta generale di contenuto inimmaginabile per qualsiasi uomo del Novecento.

Quanti contenuti vengono generati ogni 60 secondi su Internet?
Quanti contenuti vengono generati ogni 60 secondi su Internet?
Zygmunt Bauman
Zygmunt Bauman

La società liquida che viviamo, teorizzata in primis dal filosofo e sociologo Zygmunt Bauman, ha così prodotto il contenuto liquido: un’unità informativa che oggi viaggia fra individui ad ogni livello in modo sempre più transmediale e crossmediale. Con l’avvento dei new media infatti (e in particolare dei social media), il contenuto in ogni sua emanazione è diventato sempre più conversazionale, soverchiando le stesse gerarchie sociali; “i mercati sono conversazioni”, una delle 95 tesi del Cluetrain Manifesto, inizia ad essere realtà concreta nei rapporti fra persone ed organizzazioni di ogni livello e natura proprio a causa di questa trasformazione.

Cluetrain Manifesto
Cluetrain Manifesto

La Rete stessa, per via della sua struttura intrinsecamente nodale (sia fra persone ed organizzazioni che fra i media stessi), garantisce oggi ad ogni individuo la possibilità di essere medium (cioè produttore e veicolatore di contenuti informativi propri e di terzi “alla pari”), ma che allo stesso tempo produce un’offerta di contenuti sempre più vasta e sempre più difficile da organizzare e consultare. All’aumento della velocità con cui avviene questo fenomeno, aumenta infatti anche la quantità di contenuto offerto da e per ogni soggetto. Questa tendenza naturale dell’informazione a crescere in modo infinito, produce un rumore informativo che diviene per assurdo la barriera stessa per accedere al contenuto che realmente ci interessa.

In questo nuovo scenario, la risorsa scarsa non è più quindi il contenuto, ma bensì l’attenzione, cioè la capacità di un contenuto di emergere dal rumore di fondo e coinvolgerci: se infatti è vero che tutti possono produrre un contenuto e diffonderlo, è allo stesso modo vero che un singolo individuo non ha lo stesso parallelismo per poterne fruire di molteplici (generalmente consumiamo una media di 1/2 contenuti informativi nello stesso istante di tempo).

Va anche detto che il contenuto liquido, tendendo alla conversazione, è intrinsecamente sempre più dinamico, ed è proprio da qui che nasce la necessità di attenzione, intesa proprio come attività propedeutica alla partecipazione di un individuo con il contenuto fruito (engagement): senza attenzione di un soggetto ad un determinato contenuto informativo non potrà infatti esserci interazione con lo stesso (basti pensare al nostro comportamento con le condivisioni sui social).

Se c’è quindi una rivoluzione in corso nel mondo del marketing e della comunicazione è quella che vede il passaggio da “Content is King” ad “Attention is God”.

Banksy - Attention is God?
Banksy – Attention is God?

Questa saturazione informativa (e di conseguenza sete di attenzione) a cui andiamo incontro, sta generando alcuni fenomeni facilmente osservabili, che potrebbero essere banalizzati nelle mie personalissime Tre Leggi sul Contenuto Informativo:

  • l’aumento dell’offerta complessiva di contenuto è direttamente proporzionale al calo generale di attenzione;
  • la propagazione di un contenuto è direttamente proporzionale al livello di attenzione che riesce ad attrarre;
  • l’aumento della quantità dei contenuti offerti è inversamente proporzionale alla loro qualità media.

Attention is God.Da questo ho provato a dedurre una sorta di Teorema dell’Attenzione Informativa, che potrebbe basarsi sui seguenti tre enunciati:

  • più è alta l’offerta di contenuto, maggiore è il livello di semplificazione necessario affinché un contenuto emerga dal rumore di fondo;
  • più è alta la qualità di contenuto, maggiore è il livello di approfondimento necessario affinchè un contenuto emerga dal rumore di fondo;
  • più un contenuto richiede tempo per essere fruito, maggiore è l’attenzione che richiede.

Ne potrebbe conseguire banalmente che:

  • Più un contenuto è immediato (fa leva sugli istinti, è ridotto alla semplificazione, o è soggetto alla banalizzazione), più tende ad essere veloce nella sua diffusione;
  • Più un contenuto è articolato (richiede tempo, attenzione, conoscenza pregressa e necessita di approfondimento), più tende ad essere lento a propagarsi.
Cinismo Ilustrado - Approfondimento vs. Banalizzazione
Cinismo Ilustrado – Approfondimento vs. Banalizzazione

Alla luce di questi assunti di massima, la contentsfera (ossia l’insieme dell’intera offerta informativa) potrebbe essere catalogata seguendo le seguenti direttrici:

  • il mezzo da cui proviene il contenuto ► libri, giornali, radio, TV, cinema, Internet, ecc;
  • il formato del contenuto stesso ► testo, immagini, audio, video, ecc;
  • la modalità di fruizione del contenutobroadcasting (quando un soggetto terzo sceglie i contenuti per te), narrowcasting (quando sei tu a scegliere i contenuti che vuoi), socialcasting (quando insieme scegliamo i contenuti che desideriamo);
  • la qualità del contenuto fruito ► la conoscenza dell’individuo che ne fruisce e la capacità di selezione dello stesso;
  • la quantità del contenuto fruito ► l’offerta ed il mercato dei contenuti;
  • il tempo necessario a fruire il contenuto ► la velocità di produzione e diffusione dei contenuti e la sete di attenzione per fruirne.

A questo vanno aggiunti a mio parere alcuni fattori, esterni al contenuto, che determinano il comportamento di un determinato contenuto in relazione con noi. I fattori sono essenzialmente tre:

  • chi è il fruitorenon tutti comprendono tutto: dal grado di conoscenza di un individuo dipende strettamente il grado di selezione del contenuto (pensate alla catene di sant’Antonio, alle bufale, al clickbaiting, e viceversa alla verifica delle fonti, al fact checking, al debunking, ecc);
  • chi è il creatorenon importa cosa dici, ma a che livello lo dici: i nodi di una rete non sono mai uguali (il vecchio adagio “l’ha detto la TV” come errato assunto di verità certa è solo traslato verso nuovi soggetti; il problema dell’attribuzione della reputazione e dell’attendibilità ad un soggetto che ci comunica qualcosa resta valido per ogni media, soprattutto in chiave di determinazione della veridicità di un determinato messaggio);
  • qual è il bisognooggi non conta avere o essere, ma (purtroppo) apparire: nella società materialista dell’apparenza, la più grande distorsione è che se non si è presenti sulla scena comunicativa si viene percepiti come inesistenti.
Andy Warhol
Andy Warhol

Ragionando a questo punto sempre in chiave astratta, se in un contesto liquido l’informazione potesse essere realmente perfetta, ogni soggetto potrebbe accedere a tutta l’informazione esistente ed in tutte le sue possibilità. Pertanto il punto di singolarità dell’informazione liquida comporterebbe tre assurdi:

  • L’inconsistenza del messaggio: se tutti potranno comunicare tutto su ogni cosa, niente sarà più realmente significativo da comunicare;
  • L’inutilità del medium: se tutti comunicheranno nello stesso canale, pochi potranno concretamente ascoltarsi davvero;
  • L’irrilevanza del comunicante: se tutti riusciranno a raggiungere la notorietà per poco tempo, nessuno sarà più noto veramente (preconizzato da Andy Warhol nei famosi “15 minuti di notorietà”).
Jacopo Paoletti
JCP.im

Allo stato attuale, l’osservazione della contentsfera dimostra come si tenda asintoticamente verso questi tre assurdi, ossia come l’informazione liquida stia tendendo sempre di più alla sua singolarità. Ovviamente queste considerazioni non possono ritenersi delle verità in senso assoluto, ma spero possano essere delle riflessioni utili a tutti per avviare un dibattito aperto sugli scenari futuri della società dell’informazione.

5 commenti

  1. Bello, completo e ispirante. Ti condivido una suggestione: mi viene in mente che se si cerca sia l’attenzione, con contenuti più di approfondimento, che la diffusione ottenuta dai contenuti più brevi si può ipotizzare di prendere spunto dalle serie. Puntate lunghe il giusto (per il media scelto) che però hanno un tema di fondo di approfondimento (il fil rouge), strategicamente scelto da uno sceneggiatore…cosa ne dici/dite?

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    1. Massimo, sono assolutamente d’accordo con te. Soprattutto le series americane dimostrano in modo perfetto come la tendenza descritta nell’articolo siamo un tentativo di mediare fra qualità di un contenuto e livello di attenzione necessario per la fruizione dello stesso. Se si analizza quel formato specifico si nota infatti come negli anni le serie televisive abbiamo sempre più ristretto il minutaggio e compresso il formato (riduzione dei tempi morti nel girato, velocità della regia, ecc). Insomma, mi sembra una considerazione assolutamente in linea con quanto descritto qui 😉

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